Egregi Dirigenti, sono un iscritto al Movimento Cittadinanzattiva e mai come oggi, in quanto tale, mi sono sentito chiamare in causa per testimoniare un disagio vissuto insieme a tanti cittadini in attesa di essere vaccinati (insegnanti, ultraottantenni e malati portatori di specifiche fragilità), assembrati davanti all'unico ingresso del nostro ospedale, predisposto (uso un eufemismo) per accoglierli. Tutti convocati in modalità telematiche, anch'esse complicate, ma, tutto sommato, accessibili e rispettosi del distanziamento.
Ieri pomeriggio, ho accompagnato al "Giovanni Paolo II" mia nipote (insegnante), prenotata per il vaccino anticovid dalle ore 15,00 alle ore 16,00; c'erano già circa 100 persone che aspettavano di essere chiamate e solo intorno alle 16,50, ormai in coassembramento con i prenotati dell'ora successiva, riuscivamo ad entrare all'interno dell'ospedale, ma la parte del corridoio che ospita, abitualmente gli ambulatori specialistici, per l'occasione adibita a centro vaccinazione, era anch'essa in assembramento con code davanti alle tre postazioni, posizionate a poca distanza l'una dall'altra. Leggermente distanziata la postazione per i destinatari del vaccino Pfizer.
Da lì in poi, un corridoio vuoto, quasi desolato, così come gli altri ambulatori con le porte spalancate e il contenitore dell'igienizzante in bella mostra. Solo nella Cappella un coro di fedeli, rigorosamente distanziati, ad intonare un canto religioso con tonalità Gregoriane.
La Chiesa si prepara, anche con limitazioni rigorose, a celebrare la morte e la passione di Cristo. Solo chi organizza i servizi come il piano locale di vaccinazione nell'ospedale di Lamezia Terme si limita purtroppo ad accentuare il peso della Croce. Certo non si può negare che la Via Crucis della sanità pubblica lametina, calabrese, e non solo, sia in dirittura d'arrivo verso il Calvario. Mi sono chiesto, se sia o meno passato mezzo secolo da quando il nostro ospedale è sorto per conoscere il numero degli ingressi alla struttura sanitaria, peraltro rintracciabili su qualche ormai ingiallita planimetria.
Ma al di là di questo, mi sono chiesto se un centro di vaccinazione possa essere gestito utilizzando un solo ingresso, con prevedibili assembramenti e, quindi possibili rischi di contagio.
Disponendo di diversi ingressi, il buon senso avrebbe dovuto suggerire, a mio avviso, degli opportuni accorgimenti; alcuni dei quali mi permetto di indicare:
attivazione di almeno tre vie di accesso per accogliere separatamente le varie tipologie di utenti, compresi i due ingressi laterali e distribuzione delle tre postazioni lungo l'intero corridoio, evitando l'intasamento di una sola ala;
trasformazione dell'aula dei convegni "Ferrante" in sala di attesa dei vaccinandi, spostando l'operatrice addetta alla raccolta dei documenti in un luogo più piccolo e riservato;
attivazione di un display nei punti di attesa evitando code inutili e, come è accaduto, ingiustificati assembramenti.
Alla luce dell'esperienza vissuta, per il momento indirettamente, e successivamente, quando rientrerò nello scorrimento geriatrico, da cittadino attivo e non rassegnato voglio auspicare che qualche accorgimento nella direzione sopra proposta possa concorrere a superare le segnalate criticità. Con questo auspicio, mi sembra utile, in quanto appartenente a Cittadinanzattiva, citare il significativo prologo al suo Statuto: "Dovunque un essere umano si trovi in situazioni di soggezione, sofferenza e alienazione e queste situazioni siano imputabili a responsabilità individuali, sociali, organizzative, istituzionali o culturali, Cittadinanzattiva interviene in sua difesa, senza distinzioni di razza, nazionalità, condizione sociale, sesso, età, religione, appartenenza politica e statuto giuridico, e agisce nei confronti di qualsiasi soggetto, sia di diritto pubblico che di diritto privato, anche attraverso attività di conciliazione e mediazione sociale, azioni di tutela diretta o con iniziative dirette all'affermazione di un nuovo diritto".
Di questo prologo mi faccio umile divulgatore proprio in questa vicenda pandemica, con la spada di Damocle a ridosso della nostra pelle e con il rischio, di trasformare gli effetti della disorganizzazione di un'azienda sanitaria in una tragica uscita di scena.